Come accennavo in precedenza in realtà siamo noi stessi da sempre. Dopo questa apparente ovvietà, va rilevato che di solito non siamo per nulla consapevoli di noi stessi. Ma come, l’uomo non è l’unico essere intrinsecamente capace di avere consapevolezza di se? E’ capace di avere pensieri e convinzioni su di se, a volte alquanto contorti se non erronei, ma paradossalmente è l’unico essere vivente che non abbia una percezione accurata e continuativa di se. Questo accade perché di solito le sue energie sono in massima parte concentrate in quella parte del corpo, per esser più precisi del cervello, preposta alla gestione dei pensieri, anche conosciuta come mente. Non che qualcuno non abbia una discreta o anche buona consapevolezza di se, ma sono persone che rappresentano decisamente eccezioni e non certo la regola.
Parlando di consapevolezza di se non mi riferisco ai pensieri su di se, ma al sentire se stessi intesi come “lo spazio” (usiamo questa dizione, è la migliore che le parole consentano) che percepisce tutto ciò che accade, come il soggetto che percepisce. Quindi, ancora, non alla mente che trasforma in pensieri tutto ciò che vede ma al soggetto dentro il quale accade anche la mente con i suoi pensieri. Non hai mai notato di poter notare i pensieri?
Tipicamente quando noti un pensiero di solito ne costruisci subito un altro, come “ma tu guarda che diavolo mi viene in mente”, altrimenti sapresti che quel pensiero assomiglia a una nuvola che passa nel cielo, lasciando il cielo del tutto intoccato. Se poi fossi profondamente consapevole di te, sapresti che nessun pensiero può toccare il cielo o alterarlo, e probabilmente saresti in pace con te stesso. “Eh, d’accordo, ma poi succede questo e quello e io perdo le staffe e la mia pace….” Sicuro? Non è che magari qualcosa dentro di te interpreta ciò che accade come bello/brutto, buono/cattivo, possibile fonte di piacere o dolore e come conseguenza di questa interpretazione ti giochi la pace? Anche questo qualcosa può essere notato e identificato, come un pensiero un po’ più sofisticato. Se potessimo guardare al nostro cervello come a un computer lo chiamerei un “programmino”.
Ma prima di aggiungere spiegazioni, è ora di guardare e cercare di sperimentare il Riconoscimento di Se. Prova a seguirmi ora. Ciò che segue richiede tutta la tua attenzione, quindi assicurati di avere campo libero per un tempo sufficiente.
Il riconoscimento è qualcosa di molto differente da quel che credi o ti aspetti. E’ così… ovvio… da un certo punto di vista, che è estremamente facile non… riconoscerlo. Eppure diventarne consapevoli ha conseguenze vastissime. Anche se a prima vista può non sembrare così.
Ora: non esiste alcuna garanzia che la semplice lettura ti permetta di riconoscere chi sei. In fondo se ti è sfuggito finora, un motivo ci sarà. Ma è così ovvio, che è del tutto possibile e lo è adesso. Un requisito fondamentale è essere totalmente dedicato a questo.
Per favore segui queste poche istruzioni. Potrebbe essere una buona idea, se leggerle ti provocasse difficoltà, registrarle con la tua voce e provare a riconoscere ascoltandole.
Mettiti comodo, con la schiena dritta ma rilassata, se riesci seduto. Braccia e gambe non incrociate, il più rilassate possibile.
Diventa consapevole del, cioè dedica tutta la tua attenzione a percepire il, contatto con ciò su cui sei seduto/a o sdraiato/a.
Mantenendo una parte della tua attenzione al contatto del tuo corpo con i suoi sostegni, ora stringi a pugno e poi rilascia le mani. Fallo diverse volte, facendo attenzione alle sensazioni corporee che questi movimenti ti provocano. Datti un pochino di tempo.
Ora continua a mantenere la attenzione nel corpo, sia al contatto con i suoi sostegni che a qualsiasi sensazione tu noti. Non farti aiutare da pensieri. Se passano notali ma non commentarli. Riporta l’attenzione al corpo e tienila lì.
Ora comincia a fare attenzione al tuo respiro. Segui i tuoi respiri, segui il percorso dell’aria mentre entra ed esce, guarda o meglio senti fino a dove scende, nota se è continuativo o se magari c’è una pausa fra inspirazione ed espirazione.
Ora ti chiederò di fare una domanda a te stesso.
Ma pretendo la risposta in un istante.
Per favore fatti la domanda “Chi sono io?”
Mantieni l’attenzione sul corpo e sul respiro. Non fare caso ai pensieri che possono arrivare, nessuno di loro contiene questa risposta.
Ciò che cerchi non è nemmeno una vera e propria sensazione, eppure se ti riconosci poi è…. ovvio.
Ripeti queste istruzioni più di una volta. Controlla e ricontrolla.
Da un certo punto di vista è davvero del tutto ovvia la “sensazione” che dovresti aver “provato”, da un altro è molto molto frequente ingannarsi. Quindi prova parecchie volte.
Quando fui guidato la prima volta al riconoscimento mi ci vollero quasi 20 giorni, ma mancava la connessione con il corpo, che la dovrebbe rendere molto più semplice. Ricorda, il riconoscimento può solo avvenire ora. Non esiste nessun altro momento in cui sia possibile. Ma su questo argomento torneremo presto.
Da ultimo ma non per questo meno importante: ascolta te stesso. Se non ti senti, non insistere, potrebbe anche non essere il momento giusto. In questo caso porta con te, se puoi, la domanda “Chi sono io?”, e quando ti senti dedicale qualche minuto con la procedura che ho appena raccontato.
Vorrei domandarti perchè ritieni che la “connessione” con il corpo renda più semplice il “riconoscimento” di sè o meglio del Sè? In fondo il corpo fisico non è altro che una delle tante figurine che appaiono e scompaiono in quello Spazio consapevole che siamo….
Sarei portato a darti due risposte, di cui la prima è esperienziale: ho potuto vedere varie volte che facendo mantenere alle persone l’attenzione nel corpo il riconoscimento viene decisamente più facile. La seconda: è vero che in un certo senso il corpo è una figurina del “sogno”, ma è l’organismo sensoriale del Sè nella manifestazione soggettiva. Cioè è il veicolo che il Sè ha scelto per manifestarsi nel sogno e sperimentarlo, ed è ciò attraverso cui lo sperimenta ora. Per questo è anche il cancello principale attraverso cui possiamo riconnetterci con il “me stesso” reale – e quindi riconoscerlo.
Fornisce poi una garanzia importante: non può andare nè nel passato nè nel futuro, e la sua percezione tende ad ancorarti, o eventualmente riportarti, alla Presenza che sei. (Il che per inciso migliora considerevolmente l’esperienza “flip-flop”di cui parlavamo nell’altro post).
Qualche anno fa, in uno dei miei giri spirituali sono andato a chiedere sia a Eckhart Tolle che ad Adyashanti “come faccio a sapere se sono davvero presente, visto che ormai mille molte ho creduto di esserlo per poi scoprirmi di nuovo in una trance?”, ed entrambi mi hanno risposto “se stai ascoltando con tutto te stesso, con tutto il tuo corpo, allora puoi essere tranquillo”. Ti confesso che questa loro risposta mi ha aiutato molto…
Non posso che concordare anche se non dimentichiamo che e’ proprio l’identificazione con un corpo, l’origine dell’illusione di essere un’entità separata… Dunque le pratiche troppo “corporee” possono essere spesso un’arma a doppio taglio… ma fa parte anche questo del gioco 🙂
🙂 yes!