La domanda del titolo di questo paragrafo non è retorica. Non credo di fare una forzatura se la paragono alla domanda, restata negli annali della cinematografia, “Pillola rossa o pillola Blu?” fatta da Morpheus a Neo nel film Matrix, o alla insegna “Perdete ogni speranza o voi ch’entrate” posta sulla porta dell’inferno dantesco.
Si tratta di una strada senza ritorno, principalmente perché questo è il ritorno. Se leggete queste righe è possibile, per usare una vecchia metafora Zen, che la vostra testa non sia ancora dentro le fauci della tigre, ma se così non fosse ecco qualche avviso ai naviganti.
La strada del ritorno a casa è obbligata. Nasciamo perfettamente a casa, e vi facciamo ritorno quando il corpo che conosciamo come “io” muore. Ritornare a casa mentre il corpo è in vita è però un percorso particolare, che -da un certo punto di vista- prevede di affrontare letteralmente tutte le paure che albergano in noi, e questo non è sempre piacevole. Non è neanche terribile, intendiamoci, ma richiede una intenzione ferma, la disponibilità a stare del tutto sulle proprie gambe, estrema onestà verso se stessi, un sacco di apertura, e…. fede. Curioso usare questa parola, ma non ne conosco di più adeguate. Non fede in qualcosa o qualcun altro, fede e basta, fiducia allo stato puro. Perché è “casa”, al di là di ogni possibile dubbio, ma i dubbi potranno essere molti.
Fra l’altro non è dato di fermarsi a metà. Una volta intrapreso, il percorso vi porterà per forza verso la sua destinazione finale. Meglio esserne ben consapevoli. Se dovessi usare una metafora (ne userò tante, conviene abituarsi), direi che si tratta di un bel salto. Una volta fatto non c’è modo di ritornare su.
Nel caso in cui abbiate già intrapreso questo percorso, forse troverete qui qualche indicazione utile.
Se invece non siete sicuri di ciò che fate, lasciate perdere. Qui conviene entrare solo se si hanno perso le speranze, se la sofferenza del solito modo di vivere è decisamente troppa, o se si ha già la fede e la consapevolezza che l’esistenza si prende davvero cura di noi.
E’ una strada di verità, non di speranze, per queste ultime non c’è spazio. Porta a indagare e scoprire direttamente ciò che è vero e indiscutibile per chi legge, e non si conclude fino a quando anche l’ultima delle credenze, delle idee false cui crediamo o abbiamo creduto, non sia stata polverizzata.
L’ultimo elemento, ma non meno importante: qui si deve essere pronti a rinunciare agli incubi, e rinuncerebbe volentieri chiunque, ma anche ai sogni. Non si tratta di sognare qualcosa di più bello, ma di svegliarsi. Non è la stessa cosa.
Quindi adesso fate qualche bel respiro, dedicatevi a osservare le sensazioni che vi dà il corpo mentre li fate, e sentite (ho detto sentite, non pensate o ragionate!) se avete davvero voglia di entrare qui. Gli avvisi sono terminati, e se volete ancora leggere lo fate a vostro rischio e pericolo.
La “strada” del ritorno a casa è una strada di smascheramento totale, di riconoscimento di ciò che non siamo. E’ una via “negativa” nel senso che bisogna negare tutto ciò che non siamo per prendere coscienza infine di ciò che realmente siamo. E’ un togliere, non un acquisire. E, quando realizziamo che anche la “strada” stessa è un’illusione comprendiamo di essere stati a lungo in cerca di una casa mai abbandonata. Ecco “l’ultimo sacrificio”, il sacrificio della ricerca stessa a del “cercatore”.
Hari Om Tat Sat